Più ricchi di immaginazione e differenza
L’incontro di Borgo San Lorenzo del 16 novembre 2007 ha mostrato che i musei, gli studiosi, gli organizzatori culturali, i mediatori culturali della scuola e della società interculturale, hanno accolto e interpretato positivamente la risoluzione del Consiglio Regionale Toscano[1] che per tre anni, dal 2008 al 2010, “impegna la Giunta a sostenere le attività' di musei, ecomusei e associazioni che documentano e interpretano la storia della mezzadria e a promuoverne la valorizzazione del patrimonio'',
Altrettanto significativa è stata la partecipazione regionale del 20 gennaio, da parte di musei, archivi e biblioteche, all’iniziativa Porte Aperte alle Tradizioni Italiane promossa dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali con il supporto di SIMBDEA: 58 le adesioni toscane sulle 367 nazionali.
Il recupero della memoria del mondo mezzadrile toscano vuol corrispondere, nelle nostre intenzioni, ad un risarcimento che evolve in investimento. Ricordare, conservando e trasmettendo, è doveroso quanto prospettico. La memoria che ci interessa è di conseguenza rivolta verso il futuro. Vuole restituire importanza e dignità ad una forma di vita plurisecolare ritenuta eredità preziosa per l’oggi e per il domani.
In Toscana arte e paesaggio, così come economia e democrazia, hanno contratto con i nostri mezzadri debiti straordinari. Finora mai saldati. Eppure questa storia rimossa, ci impegnamo a dimostrarlo, può risultare ancora oggi produttiva entro comparti diversi: dalla cultura all’agricoltura, dai valori all’identità.
Valorizzare la memoria dei mezzadri significa anche sottolinearne il carattere di varietà e diversità: categorie centrali nel mondo attuale segnato appunto dalla mobilità e dalla convivenza problematica di culture e appartenenze. Anche i mezzadri sono stato immigrati e portatori di alterità che hanno saputo inserire nel tessuto della modernità urbana.
La marginalità, o esclusione, che ha segnato nel tempo il mondo contadino non è adeguatamente superata da una sua ‘ammissione’, tardiva e benevola, al tavolo univoco della ‘normalità’ urbana. Alla conquista delle ‘pari opportunità’ deve piuttosto subentrare il pieno positivo riconoscimento della ‘diversità’ contadina.
Le ragioni del “triennio del mezzadro” appaiono, in questo quadro, significativamente in sintonia con le scelte strategiche espresse dalla Regione Toscana nel suo Piano Integrato della Cultura 2008 - 2010[2]. Particolarmente quando, nel Piano di indirizzo per la Promozione della Cultura Contemporanea si precisa l’impegno a ”Sviluppare processi culturali di attraversamento della complessità della realtà contemporanea toscana coniugando presente e passato, locale e globale, culture diverse.”
Analogamente, quanto programmato in Toscana tra il 2008 e il 2010 attorno ai ‘luoghi diversi’ della memoria mezzadrile intende compartecipare alla Dichiarazione ICOM di Seul sul patrimonio immateriale del 2004, in cui la grande associazione internazionale dei musei fa propria la convenzione UNESCO del 2003, e ridefinisce il museo “un’istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo. E’ aperto al pubblico e svolge ricerche che riguardano le testimonianze materiali e immateriali dell’umanità e del suo ambiente: le acquisisce, le conserva, le comunica e soprattutto le espone a fini di studio educazione e diletto”.
“Dinamismo della qualità”
Mezzadri: le radici della Toscana, la memoria dei contadini per un futuro sostenibile corrisponde, come si vede, ad un’operazione di politica culturale di assoluto rilievo, dove forti nodi teorici si intrecciano con possibilità di applicazioni concrete, tra competenze e passioni, volontariato e istituzioni. In linea, di nuovo, con il richiamo, contenuto nel Piano Integrato della Cultura, a “immettere nella società toscana un dinamismo della qualità che la renda competitiva e attrattiva sul piano economico, inclusiva e vitale sul piano sociale e culturale”.
Un primo quanto aperto catalogo di temi da affrontare include, riassumendo e precisando:
1. sottovalutazione, se non rimozione, del mondo mezzadrile: cui invece soprattutto si deve, per necessità ed abilità, il modellamento dell’ambiente fisico e socio-economico della Toscana. E’ stato il patto colonico a produrre la «campagna a cinque stelle» che impressionava i viaggiatori del Grand Tour, che ad Heine apparve «tutto un giardino» e a Braudel «il più commovente paesaggio del mondo». E al centro della costruzione in Toscana della democrazia sono stati i mezzadri, in dialogo con il ruolo della Resistenza nell’avviare le lotte sociali contadine. Eppure questo protagonismo non è stato riconosciuto a chi all’inizio del ‘900 rappresentava il 70% della popolazione e forniva la base del prodotto lordo regionale: e che nella seconda metà dello stesso secolo, dopo la fine della mezzadria, ha finito per dimostrarsi determinante nella modernizzazione, nel decollo dei distretti industriali, nella capillarità dell’industria diffusa.
Tale colpevole mancato riconoscimento si colloca in un quadro più generale di dimenticanza collettiva, prodotto dalla modernità con la sua ideologia del futuro senza passato. Negli ospedali psichiatrici, nelle manifatture tabacchi, nelle fabbriche della prima industrializzazione, nelle miniere, come nella campagne, si cancella la memoria storica della subordinazione, della sofferenza, delle lotte sociali e anche della differenza di forme di vita che ancora possono interessare il futuro.
In Toscana, più specificamente, la rimozione dei mezzadri è anche legata al grande peso e rilievo mondiale della cultura regionale artistica e scientifica, al suo rilievo nel definirsi di un paradigma internazionale del ‘consumo dell’arte’, al ruolo degli intellettuali cittadini che ha di fatto costretto la cultura toscana in uno scenario cosmopolita privo di un vero contesto sociale. Spesso l’arte è stata anzi strappata al contesto e capita come pura forma. Di pari passo, l’approccio cosmopolita e il feticismo delle grandi opere d’arte hanno impedito di cogliere tutto lo spessore della cultura contadina “in sé” così come delle sue rappresentazioni riscontrabili in tutta la grande tradizione artistica toscana (da Dante a Benigni passando per Fattori).
2. doverosità del restituire memoria: tra ricerca e conservazione/tutela. Si tratta anzitutto di operare un risarcimento etico-storico, impegnandosi nel ricostruire ponti di comunicazione tra le generazioni: parole e cose del passato da inserire in percorsi di indagine come anche di scenografia allestiva, dal museo all’archivio al film.
Restituire i nonni contadini ai nipoti anche con gesti simbolici (come ad Iglesias le T-shirt : “nel cuore un nonno minatore”). Ridare dignità e fierezza a ogni cittadino che è stato contadino, riconoscere il suo ruolo in una storia collettiva intessuta comunque di individualità. E anche di capolavori: nozione banalizzata nell’interpretazione arcaica ed elitaria, idealista, degli storici dell’arte e di cui invece occorre recuperare l’accezione originaria, artigiana. Il capolavoro è l’opera che il garzone fa per dimostrare una competenza atta al mestiere, è un indicatore di competenza.
In questo senso, nei poderi sono nati capolavori ergologici come anche simbolici, estetici, letterari: spesso connessi ai cicli festivi e alla ricca ritualità tradizionale. La creatività linguistica quotidiana, l’improvvisazione in ottava rima, il teatro popolare del Maggio e del Bruscello, i canti itineranti di questua come le Maggiolate e le Befanate: costituiscono uno dei principali obiettivi di valorizzazione e tutela per le liste dell’ UNESCO.
3. valorizzazione dell’eredità: vari aspetti della tradizione contadina sono suscettibili di reinterpretazioni attualizzanti e creative. Soluzioni e forme variegate connesse alla vita dei poderi possono offrire, in quanto archiviate e protette, opportunità non troppo lontane da quelle delle banche dei geni, delle biodiversità.
Le voci e gli scritti dei testimoni sono già divenute materia di rielaborazione filmica (Nanni Moretti e l’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve S. Stefano) e teatrale (Ugo Chiti e l’esperienza de L’Arca Azzurra). La musica popolare è da tempo occasione di rivisitazioni di alto profilo professionale (da Caterina Bueno a Riccardo Tesi a Gianna Nannini).
Più latamente, lo sguardo dell’arte, non necessariamente ‘povera’, si è soffermato sul passato prossimo rurale della nostra regione: dalla fotografia alla pittura alle installazioni.
Legame intenso con la cultura contadina presenta, come noto, anche il tema delle feste, della promozione di prodotti locali. Spesso però, senza un orientamento e nella marginalità della memoria, le feste e le sagre hanno finito per acquisire forme del tutto legate agli standard televisivi. Occorre invece favorire punti di ascolto e interpretazione per coordinamento comunitario e crisi riflessiva, e collocare le feste entro il ciclo rituale dell’anno agrario che è uno dei temi più studiati del folclore e dell’antropologia e che è stato fortemente rivalutato e attualizzato da world music, new age, culture ecologiste e religiose del ritorno alla natura.
4. etica e pratica ambientale: è l’elemento ereditario più trasversale e, forse, di maggiore rilevanza negli anni del patto di Kyoto. Con la crisi ambientale, il tema delle agricolture contadine è tornato ad essere centrale a livello planetario.
Dovunque, anzitutto, la modernità ha obbligato l’agricoltura a riposizionarsi nel mercato delle produzioni e delle relazioni. Nell’Unione Europea si parla, dal 1998, in particolare nei documenti dell’OCSE, di “agricoltura multifunzionale”: “oltre alla produzione di alimenti e fibre (sani e di qualità) l’agricoltura può modificare il paesaggio, contribuire alla gestione sostenibile delle risorse , alla preservazione della biodiversità , a mantenere la vitalità economica delle aree rurali“.
La memoria contadina, inoltre, apre opportunità rilevanti attorno ai problemi del riuso, della parsimonia, dell’autoconsumo. Porre quindi al centro della riflessione dei musei, delle scuole, delle istituzioni il tema delle agricolture contadine attuali va di pari passo con i temi dello sviluppo sostenibile e della risorse. Nell’anno internazionale dell’acqua, il 2003, vari studiosi delle risorse diseguali e della rapina del pianeta hanno segnalato l’importanza di una nuova attenzione alle risorse idriche in rapporto a nuove agricolture ‘non industriali’[3]. Occorre rianalizzare l’agricoltura come risorsa intorno ai saperi e alla memoria dei mezzadri, “aristocrazie contadine”, per comprendere il contesto mondiale nuovo di una politica della terra, senza estremismo ma senza incertezze sul contesto mondiale. Il tema dei consumi locali, delle agricolture qualitative, del rapporto con il turismo e la gastronomia, sono, almeno a livello di discussione, problemi strategici per la Toscana e i nessi tra diversità culturale e biodiversità sono ormai interconnessi (Università degli Studi di Scienze Gastronomiche, leggi sugli ecomusei, organizzazioni per il turismo ecocompatibile…). E’ importante collocare questa forte attualizzazione della memoria contadina in un contesto globale, con l’aiuto di antropologi e economisti attenti allo sviluppo internazionale.
Coordinare e censire
Il programma di lavoro richiesto dall’affrontare i temi già ricordati, e altri ancora, definisce una missione comune tra chi opera nei diversi territori comunali e provinciali, nei musei, nelle scuole, nel campo della organizzazione della cultura, delle Università, e che si coordina con le Soprintendenze ai beni storici artistici ed etnoantropologici, con la Soprintendenza regionale archivistica per la Toscana già da tempo attiva nella tutela e nella documentazione della memoria storica, gli Istituti storici della Resistenza, e con l’attività della creazione delle liste UNESCO dei beni immateriali.
Si rendono pertanto necessarie alcune attività di concertazione, messa in rete, censimento delle ricerche e delle esperienze conoscitive e museali. In ciò offriranno il loro lavoro organizzativo le associazioni IDAST, SIMBDEA e Museo della Mezzadria Senese identificate come interlocutrici dal Consiglio regionale Toscano,
Per realizzare sinergie e reti è necessario abituare i musei dispersi nel territorio a forme di coordinamento culturale e di accesso concordato e selettivo alle risorse.
E’ ugualmente indispensabile dar voce a tutte le ricerche prodotte nel territorio. Attraverso un autocensimento, sollecitato dalla Regione[4] e rivolto a Università, centri, archivi, singoli studiosi, dovrebbe comporsi il quadro completo degli studi, delle pubblicazioni e dei progetti di ricerca, con particolare attenzione per la storia moderna e sociale della mezzadria, per la geografia e l’antropologia, il paesaggio, il mondo rurale, i mondi simbolici ed espressivi, la documentazione dei processi. Il censimento dovrà guardare a tutto campo le discipline e, per ciò che concerne l’Università, in particolare le Facoltà di Lettere e Filosofia, Scienze della Formazione, Architettura, Economia, Scienze politiche, Agraria, Giurisprudenza. Saranno considerati strategici i progetti che si danno prospettive di investimento sul futuro e vedono la memoria storica come risorsa della programmazione e della diversità culturale e ambientale.
Si ritiene altresì necessario favorire sinergie anche su scala nazionale sia coinvolgendo gli studiosi delle regioni che sempre hanno condiviso l’attenzione alla mezzadria anche per ragioni storiche simili (Emilia Romagna, Umbria, Marche, Lazio), sia le regioni stesse e gli uffici regionali dei musei per iniziative comuni, sia la Confederazione Italiana dei contadini, i sindacati e in particolare la CGIL pensionati che ha attivato il progetto Liberetà anche in collaborazione con l’Archivio Diaristico di Pieve Santo Stefano, il Ministero dei Beni culturali, e quelli dell’agricoltura e del turismo. Anche a livello regionale si ritiene opportuno lavorare con un dialogo più vasto che coinvolga gli assessorati del turismo e dell’agricoltura, sindacati, organizzazioni di categoria.
[1] Approvata all’unanimità il 17 maggio 2007
[2] L. R. 29 giugno 2006, n. 27
[3] Cfr., tra l’altro, Riccardo Petrella Il manifesto dell’acqua, Torino, Ega, 2002 e Colin Ward , Acqua e comunità, Milano, Eleuthera, 2003
[4] Si veda, a riguardo, la realizzazione del censimento degli archivi audiovisivi commissionato all’IDAST dalla Regione: A. Andreini-P. Clemente (a cura di), I custodi delle voci. Archivi orali in Toscana: primo censimento, Regione Toscana, 2007.
mercoledì 25 marzo 2009
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